Il Turismo culturale nel centro della Gallura. A Luras a caccia dell’ultima agabbadora
Il museo Galluras e la ricostruzione di una tradizione ancestrale
La sua fama deriva da un’antica e ancestrale tradizione tipicamente gallurese. Un rito di morte per porre fine alle sofferenze dei malati ricostruito e riportato in vita nel museo Galluras di Luras. Lì, nei tre piani di un palazzo della via principale del piccolo paese, sono stati ricostruiti tutti gli ambienti di una casa tipica gallurese del periodo tra il Settecento e la prima metà del Novecento del 1.800.
Gli oltre quattromila oggetti e reperti presenti ricostruiscono ogni aspetto della vita domestica, della cucina e del lavoro.
Come tutti gli attrezzi per la viticoltura, tra cui “sa cascietta”, cassone per la pigiatura dell’uva, “sa suppressa”, un torchio in legno risalente alla fine del Seicento primi del Settecento, e un alambicco a condensatore per la cerealicoltura e in generale il lavoro dei campi. La casa-museo conserva anche macchine per la lavorazione della lana e del lino, capi di abbigliamento e tessuti oltre a una sala interamente dedicata alle tecniche di lavorazione del sughero, attività tipica della zona.
Presente anche una saletta adibita alla visione di filmati e contenuti multimediali.
Luras si trova a poco più di mezz’ora di auto dal nostro Country Resort Parco degli Ulivi
Il mito de s’agabbadora
Ma è per il mito de ‘S’agabbadora’, che il museo è diventato molto conosciuto e meta di curiosi e viaggiatori. Di questa figura leggendaria, ma non troppo, è difficile trovare tracce storiche o testimonianze viventi, ma non impossibile. Nella tradizione sarda, gallurese in particolare, la “femina agabbadora” era la levatrice del paese ma il suo ruolo non si limitava a portare la vita, la poteva anche togliere. Godeva della stima della gente, la sua autorevolezza era indiscussa. Veniva chiamata nelle case dove c’era un moribondo, un malato terminale. I familiari convocavano l’agabbadora, la facevano entrare nella stanza del moribondo e uscivano silenziosi.
Cosa succedesse tra quelle mura è frutto di supposizioni, racconti tramandati dai pochi che avevano avuto la fortuna/sfortuna di assistere. Dopo una breve formula rituale – c’è chi dice una preghiera – la donna estraeva dalla veste un martello di legno e sferzava il colpo mortale alla tempia. E così com’era entrata, la femina agabbadora allo stesso modo, silenziosamente, scivolava via verso altre missioni di morte.
Così, in una delle camere del palazzo storico di Luras, sede del museo, è appoggiato in bella mostra sul letto il martello usato dall’agabbadora per il suo “lavoro”. Lungo 40 centimetri e largo 20, l’ha trovato nel 1981 Il fondatore del museo, Pier Giacomo Pala, nascosto in un muretto a secco di un vecchio stazzo nelle campagne luresi. Un rustico pezzo di legno d’olivastro stagionato, a suo raccontare è l’unico e ultimo esemplare esistente al mondo.
I dolmen di Luras
In un tour di turismo culturale al centro della Gallura, il territorio di Luras offre altre interessanti mete da visitare come quelle archeologiche. Questo paese infatti deve la sua importanza ai dolmen, che si trovano persino nel centro abitato o nelle sue immediate adiacenze. Sono almeno quattro quelli visibili e censiti sui 78 esempi di dolmen identificatio in Sardegna: i dolmen di Ladas, Alzoledda, Ciuledda e Billella. Questi monumenti furono realizzati, a partire dal Neolitico recente (3500 – 2700 a.C.) come sepolture collettive e come luogo dedito al culto. I luresi solevano chiamarli “Sepulturas de zigantes o de paladinos”.
Gli olivi millenari dell’alta Gallura
Un altro motivo per arrivare in Alta Gallura sono i meravigliosi e suggestivi alberi millenari. Proprio a Luras ci sono diversi esemplari che osservano da secoli il territorio intorno. Come ‘S’Ozzastru’, un olivastro di almeno tremila anni, secondo le stime scientifiche. Nel comune di Luras, sulle colline situate vicino al lago artificiale di Liscia, nella località di Santu Baltolu di Carana, si trovano degli ulivi selvatici molto antichi. Ma il patriarca è lui, dichiarato nel 1991 Monumento Naturale e inserito nella lista dei “Venti alberi secolari italiani” da tutelare e dichiarare Monumento Nazionale con decreto ministeriale.